Essiccazione a bassa e alta temperatura e cibi RAW: cosa sono e quali sono le differenze?

Essiccazione a bassa e alta temperatura e cibi RAW: cosa sono e quali sono le differenze?

Vi sarà sicuramente capitato di trovare, sugli scaffali dei negozi specializzati, alimenti che presentano sul pack la dicitura “RAW” o “100% RAW”, ma vi siete mai chiesti cosa significhi esattamente?

RAW si traduce in italiano con “crudo” “grezzo” infatti, per convenzione, un alimento viene considerato raw quando durante tutte le fasi della sua lavorazione non vengono mai stati superati i 42°C di temperatura e quindi può essere considerato ancora crudo.

Ma perché può essere interessante tenere temperature basse durante le fasi di lavorazione di un alimento?  

In generale quando gli alimenti vengono sottoposti a trattamenti termici di qualsiasi tipo (cottura in acqua, cottura “a secco”, essiccazione, ecc.) i nutrienti naturalmente presenti in essi subiscono delle modifiche:

  • CARBOIDRATI: nei carboidrati le trasformazioni e i riarrangiamenti iniziano a temperature superiori a 100°C. Fra queste una delle più significative è la reazione di Maillard, che avviene tra carboidrati e proteine.
  • PROTEINE: le proteine sottoposte a qualsiasi tipo di trattamento termico ad elevate temperature si denaturano, cioè cambiano la loro struttura perché si rompono i legami che determinano la forma della molecola. Pochissime proteine sopportano temperature superiori ai 60-70°C per un tempo prolungato.
  • LIPIDI: sopra i 100°C gli acidi grassi insaturi iniziano a modificarsi.
  • VITAMINE: tiamina (vitamina B1), acido pantotenico (vitamina B5), acido folico (vitamina B9), acido ascorbico (vitamina C) e retinolo (vitamina A) sono tutte vitamine cosiddette “termolabili” ovvero che perdono la loro conformazione e funzione biologica se sottoposte ad elevate temperature. Il processo di inattivazione per alcune vitamine inizia già a 40-60°C e l’entità della perdita dipende anche dal tipo di trattamento cui l’alimento è sottoposto.
  • MINERALI: è difficile stimare l’entità della perdita di minerali con la cottura perché sono contenuti negli alimenti in forma molto variabile. La maggior parte delle perdite a carico dei sali minerali si hanno quando la cottura di un alimento avviene in acqua. Le cotture a secco, anche ad elevate temperature, generalmente non modificano considerevolmente la quantità di minerali.  

Le modifiche dovute ad alte temperature non sono da considerarsi sempre negative: * Le proteine denaturate sono generalmente più digeribili di quelle nel prodotto crudo. *Alcune reazioni che coinvolgono i carboidrati donano agli alimenti caratteristiche sensoriali peculiari, gradevoli e ricercate (la doratura della crosta del pane, ad esempio, è dovuta alla reazione di Maillard e consiste in una rapida caramellizzazione degli zuccheri che avviene in presenza di proteine e a temperature superiori ai 100°C). *Si inattivano alcune sostanze considerate “antinutrienti”, cioè sostanze tossiche naturalmente presenti negli alimenti oppure sostanze che impediscono l’assorbimento di altri nutrienti.  

Il trattamento con alte temperature, inoltre, uccide la stragrande maggioranza dei microrganismi, a volte potenzialmente patogeni, che possono contaminare il cibo. Di solito questi batteri proliferano a temperature che vanno dai 5° ai 60° C e muoiono a temperature superiori, per questo si consiglia sempre di cuocere bene gli alimenti soprattutto quelli di origine animale come carne, pollame e pesce, ma anche latte crudo e uova fresche.  

Allo stesso tempo però durante il trattamento con alte temperature si registra una considerevole perdita e modifica di nutrienti e molecole:

  • Le vitamine termolabili e composti con azione antiossidante, come ad esempio i carotenoidi, subiscono un calo durante la cottura.
  • Gli acidi grassi insaturi ad alte temperature in presenza di ossigeno si ossidano e provocano irrancidimento.
  • Le proteine e gli amminoacidi vanno incontro a modifiche e denaturazione non sempre positive.
  • Alcuni trattamenti ad elevate temperature provocano lo sviluppo di sostanze tossiche.
È difficile quantificare in maniera generica le perdite di nutrienti in un alimento trattato con il calore dato che l’entità della perdita è strettamente legata al metodo di cottura cui è sottoposto, ma in linea generale si può dire che un prodotto trattato con elevate temperature subisce delle modifiche sia a livello nutrizionale che a livello sensoriale (gusto, odore e consistenza). Mantenere temperature di lavorazione basse serve quindi ad evitare che il contenuto di nutrienti dell’alimento subisca eccessive alterazioni.

Alla luce di questo quando un prodotto viene identificato come raw significa che dovrebbe aver mantenuto intatte la maggior parte delle caratteristiche nutrizionali e sensoriali del prodotto “crudo” originale. Chi segue un regime alimentare crudista (raw foodism o rawism) sostiene che, dato che gli animali si sono evoluti mangiando alimenti crudi, non trasformati e selvatici, per poter usufruire al meglio dei principi nutritivi contenuti negli alimenti sia preferibile limitare le cotture dei cibi ed utilizzare sempre basse temperature per qualsiasi tipo di trattamento. Questo punto di vista può essere più o meno condivisibile: è vero ad esempio che frutta, verdura, semi e noci crudi hanno un contenuto di vitamine e composti ad azione antiossidante superiore rispetto alla loro versione cotta o tostata, ma c’è da tenere in considerazione che la stessa cosa non vale per altri nutrienti che invece non sono biodisponibili nell’alimento crudo (il nostro corpo non è in grado di assimilarli) mentre possono diventarlo in seguito a cottura.

Tipici dell’alimentazione crudista sono trattamenti come la marinatura e l’essiccazione a basse temperature.  

L’essiccazione è una fra le più antiche tecniche di conservazione. Prevede l’allontanamento della parte liquida da un alimento e questo crea un ambiente inospitale per la proliferazione di eventuali batteri e muffe. Questo permette di allungare il tempo di conservazione e risulta particolarmente utile per tutti quei prodotti che da freschi hanno tempi di conservazione brevi come frutta e verdura, ma anche carne e pesce. L’evaporazione della parte liquida da un alimento avviene in seguito a riscaldamento e con questo metodo la percentuale di acqua rimanente si aggira intorno al 10-15% sufficiente per rallentare considerevolmente il processo degradativo.  

La temperatura ideale di essiccazione della frutta è legata alla tipologia di frutto in esame così come la modalità di essiccazione, che va dalla semplice esposizione al sole e all’aria, fino a tecnologie più complesse. Le tempistiche di essiccazione variano da poche ore a diversi giorni e sono strettamente dipendenti dalla temperatura con cui avviene il processo: se un prodotto viene esposto ad una temperatura elevata si essiccherà in tempi più rapidi rispetto ad un prodotto essiccato a 42°C.

Resta evidente che la rimozione dell’acqua dalla frutta, a qualsiasi temperatura essa avvenga, provochi alterazioni dal punto di vista sensoriale soprattutto per quanto riguarda la texture e il sapore, tuttavia un prodotto trattato a basse temperature mantiene sia caratteristiche nutrizionali che sensoriali più simili a quelle del frutto fresco rispetto ai prodotti trattati a temperatura elevata.  

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Dati analisi Euro Company e schede tecniche fornitori
Tom P. Coultate; La chimica degli alimenti; Zanichelli
Colli, P. Rossi, F. Marzatico; Viaggio negli alimenti; Calderini

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