Mattarello(a)way in Giappone per Frutta e Bacche: LA FERMENTAZIONE ALIMENTARE

Mattarello(a)way in Giappone per Frutta e Bacche: LA FERMENTAZIONE ALIMENTARE

La fermentazione è particolarmente diffusa in molte culture alimentari. Esistono migliaia di tipologie e classi di cibo fermentato in tutto il mondo ma in Giappone esiste una scelta davvero sorprendente e duttile. Di fatto la tecnica fermentativa gioca un ruolo molto importante nella salutare e variegata dieta giapponese, detta Washaku.

I giapponesi fermentano le loro derrate da secoli, utilizzando ceppi di microbi e batteri esistenti solo sul loro territorio. Si dice inoltre che il clima particolarmente umido del Giappone sia il massimo per mantenere vivi e attivi i microbi. La salsa di soia, il tempeh, il natto, il miso e il mirin tra gli altri, sono tutti ingredienti fermentati, fondamentali nella cucina del Sol Levante che da tempo sperimenta i magnifici benefici provocati da questi alimenti, campioni in conservazione, ottimi per il gradevole sapore acidulo - che esalta la fragranza degli alimenti d'accompagnamento – e ricchi di enzimi, fermenti pre e probiotici preziosi per l’intestino. Apportano inoltre vitamine C e B, con spiccate funzioni antiossidanti, depurative e disinfettanti oltre che digestive. Innalzano naturalmente le difese immunitarie, scongiurando infiammazioni e infezioni, rendono il fisico più forte nei confronti dei malanni di stagione, ma anche delle malattie gravi come diabete e cancro. Gli alimenti fermentati sono in grado di modificare il pH degli organi, e un pH equilibrato è da sempre associato a una vita lunga e in salute. Non stupirà quindi scoprire che i giapponesi sono una delle popolazioni più longeve del pianeta.  

Il potere della fermentazione è essenziale in molti piatti tradizionali giapponesi, come gli TSUKEMONO (letteralmente: cibi in salamoia), sottaceti tipici della gastronomia nipponica. Sono utilizzati come contorno che accompagna il riso o la zuppa di miso durante i pasti. Apprezzati per l'inconfondibile e deciso sapore, sono serviti anche come stuzzichini digestivi, per la pulizia del palato, finger food, come guarnitura o condimento. Si conservano per lunghi periodi, proprietà che li rende presenti nella cucina giapponese da ben prima dell'introduzione della refrigerazione, quando la salamoia era di fatto una delle poche tecniche atte a conservare i cibi. Possono essere preparati sotto sale, sottaceto, con la fermentazione o con apposite muffe. Per fare gli tsukemono vengono impiegati diversi tipi di verdure ed anche alcuni frutti. Tra i vegetali più utilizzati ci sono: il ravanello giapponese (daikon), il cocomero, la melanzana, la carota, il cavolo, lo zenzero, la cipolla. Il tradizionale tsukemono alla prugna è chiamato umeboshi. Talvolta vengono usate alghe e frutti di mare per insaporire ulteriormente gli tsukemono.  

Piccola nota, se visitate Kyoto, non perdetevi un piccolo vicolo cittadino, Nishikikoji Street, chiamato anche “Pickle Street” (la via dei sottaceti), una viuzza con decine di negozi che vendono esclusivamente solo cibo in salamoia.  

https://www.youtube.com/watch?v=Qn2_BuJb1ZM

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