Le bacche di Goji: molto più di una moda alimentare

Le bacche di Goji: molto più di una moda alimentare

La globalizzazione alimentare ha portato di recente, anche in Italia, il celebre super-frutto proveniente dall’Asia: la bacca di Goji (Lycium Barbarum). Di questa specie, appartenente alla famiglia delle Solanacee, nel solo Tibet ne esistono 41 varietà.

    Le maggiori piantagioni sono nella Regione Autonoma del Ningxia Hui in Cina, dalla quale proviene la purea delle bacche fresche utilizzata per la produzione del succo di Goji. La medicina tradizionale cinese utilizza da anni sia il frutto che la corteccia della radice.

Fra le proprietà ascrivibili a questo frutto, l'azione antiossidante è quella più avvalorata dagli studi scientifici; dai dati raccolti si è capito che è da attribuire soprattutto ai polisaccaridi di Lycium barbarum (LBP).

Una sperimentazione del 2004, pubblicata sulla rivista Life Sciences, ha valutato l’attività antiossidante di tre prodotti ottenuti da Lycium barbarum. I risultati dimostrano che gli estratti non purificati si distinguono per maggiore efficacia, in quanto contengono anche altre molecole antiossidanti oltre ai polisaccaridi, come carotenoidi, riboflavina, acido ascorbico, tiamina ed acido nicotinico. Uno studio del 2008, pubblicato sulla rivista americana FASEB Journal, ha messo in evidenza come l’assunzione per 30 giorni di succo di Goji berry abbia permesso di mantenere alti i livelli di antiossidanti endogeni presenti nel sangue, ossia gli enzimi superossidodismutasi (SOD) e glutatione perossidasi (GTH -Px). In termini medici, la bacca di Goji può essere denominata un “adattogeno”, cioè un agente naturale in grado di aumentare la resistenza e la capacità di adattamento dell’organismo agli agenti stressanti e alle condizioni sfavorevoli di qualunque origine. Pur essendo numerose le risultanze scientifiche a sostegno delle straordinarie proprietà, emerge che la maggior parte dei test sono stati condotti o in vitro o su roditori e perciò dovrebbero essere avvalorati da studi sull’uomo. Ad ogni modo il dato certo è che nei paesi asiatici questi frutti si consumano dall’antichità senza che al momento siano stati riportati casi di tossicità o pericolosità di impiego, tant’è che la specie è inserita nell’elenco delle piante ammesse dal Ministero della Salute nelle formulazioni degli integratori alimentari. Nonostante il frutto sia privo di tossicità, non possiamo non segnalare la possibile interazione con farmaci, in particolare col warfarin.

In conclusione si può ritenere che la pianta possa avere ottime potenzialità per essere inserita a pieno titolo sul mercato italiano, proprio in virtù del suo potere antiossidante, a questo punto non resta che provarla!

La nostra frutta secca

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