Frutta Secca Lipidica
Quando si parla di frutta secca si fa spesso un po’ di confusione.
Capita infatti che questa definizione venga utilizzata per identificare entrambe le categorie: sia i semi oleosi di alcune piante, come noci e nocciole, sia la frutta fresca privata della parte acquosa, come invece possono essere prugne, albicocche e uva sultanina.
In realtà quando si utilizza il termine “frutta secca” si dovrebbe fare riferimento solo alla frutta contenuta in un guscio legnoso: a questa categoria appartengono quindi noci, mandorle, nocciole, pistacchi, anacardi, ecc. Le arachidi rappresentano una piccola eccezione perché, pur facendo parte della famiglia dei legumi, hanno caratteristiche nutrizionali e “strutturali” paragonabili a quelle delle altre varietà di frutta in guscio e quindi vengono generalmente assimilate a questa categoria. La frutta fresca privata dei liquidi invece prende il nome di frutta disidratata o frutta essiccata.
La frutta secca vera e propria viene definita anche frutta secca lipidica: il termine “lipidico” (dal greco λίπος, lìpos, «grasso») fa riferimento all’elevato contenuto di grassi presente nella sua composizione nutrizionale. Questo alto contenuto di grassi spiega anche perché la frutta secca sia un alimento a così alta densità energetica: basti pensare che carboidrati e proteine forniscono 4 kcal per grammo, le fibre 2 kcal per grammo, mentre i grassi ne forniscono 9 kcal.
Per fare un esempio pratico: 100 g di mandorle sgusciate sono costituite da 53 g di grassi e questo, a grandi linee, significa che circa 470 kcal delle 616 kcal che questi 100 g di mandorle forniscono sono date dal loro contenuto di grassi.
La frutta secca lipidica rappresenta un ottimo spuntino di metà mattina o metà pomeriggio, è utile per abbassare l’indice glicemico dei piatti, da senso di sazietà e può arricchire con gusto uno yogurt a colazione o anche un’insalata, quello che è importante tenere sempre a mente per evitare di incorrere in eccessi calorici quando si sceglie di consumare frutta secca è:
- Fare attenzione alle quantità e regolarsi con le dosi,
- Inserirla all’interno di un piano alimentare bilanciato,
- Seguire un piano alimentare personalizzato sulle proprie necessità fisiologiche.
Un errore da non fare assolutamente è però quello di pensare che la frutta secca lipidica, in quanto cibo calorico, faccia male alla salute, anzi è l’esatto contrario!
Fortunatamente infatti la maggior parte dei grassi contenuti nella frutta secca lipidica sono di tipo insaturo: a seconda della tipologia di frutta secca in esame nella composizione lipidica si possono trovare diversi tipi di acidi grassi fra cui i più rappresentati sono l’acido oleico, l’acido grasso tipico dell’olio d’oliva, ma anche acidi grassi appartenenti alla classe degli Omega-6 e Omega-3 il cui consumo bilanciato ed equilibrato è associato ad una regolazione dei livelli del cosiddetto “colesterolo cattivo” e contribuisce alla normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue.
A differenza della frutta secca lipidica la frutta disidratata viene anche detta frutta secca glucidica in quanto ricca di zuccheri, fibra e generalmente quasi priva di grassi. Il termine “glucidico” è dato dal fatto che l’essiccazione sottrae fino al 30-35% dell’acqua presente nel frutto fresco concentrando i nutrienti. Questo spiega anche perché, a parità di peso, 100g di prugne fresche apportino molte meno calorie rispetto a 100 g di prugne disidratate: la concentrazione degli zuccheri infatti aumenta chiaramente il contenuto calorico.
Ecco spiegato anche perché nelle Linee Guida per una Sana Alimentazione italiana una porzione standard di frutta fresca corrisponda a 150 g di frutta, mentre una porzione di frutta essiccata corrisponda a 30 g.